Sono grato al mio anonimo diffamatore per offrirmi la possibilità di esprimere ancora una volta il mio pensiero, elaborato in oltre 40 anni di studio sul tema “Nobiltà” che, forse perché è quasi del tutto scomparsa la generazione che l’ha vissuta nel Regno d’Italia, è divenuta oggi un ricordo non troppo chiaro per i discendenti dei nobili e per coloro che vogliono occuparsene, anche perché non è mai stata raccontata in pieno la verità su questa tematica che rappresenta la storia delle élites europee da Carlo Magno ai giorni nostri.
Viviamo nel 2022, in una realtà sociale che ha ormai dimenticato cosa fosse la nobiltà nei secoli passati e per questa ragione la quasi totalità delle persone non riesce a comprendere bene cosa sia nella realtà odierna della Repubblica Italiana, dove in base alla disposizione XIV transitoria e finale[1] dal 1° gennaio 1948 non è riconosciuta, il che vuol dire che per l’ordinamente giuridico dello Stato non esiste.
Quanto ho scritto è la cruda verità: non ci sono nobili, perché la nobiltà è sempre stata una dignità di carattere pubblico[2] con la caratteristica di avere sempre ad essa legati il privilegio[3] e la pubblicità[4].
La nobiltà non ha mai avuto una valenza o riconoscimento di carattere privato, perché la sua caratteristica fondamentale era il pubblico riconoscimento che poneva i suoi possessori anche solo formalmente in una condizione di superiorità almeno morale verso gli altri. Attenzione, non voglio dire che che non rimane più nulla della nobiltà, ma preciso che esistono solo i discendenti dei nobili, riferendomi alla nobiltà del Regno d’Italia, e riferendomi solo a quelli appartenenti a Famiglie riconosciute e inscritte nel Libro d’oro delle nobiltà italiana (Archivio Centrale dello Stato); ovviamente non posso dimenticare lo sparuto numero dei nobili ancora viventi iscritti nel Libro d’oro della nobiltà italiana (Archivio Centrale dello Stato a Roma), che ottennero personalmente il riconoscimento durante il Regno d’Italia, ma dobbiamo considerare che i più giovani di loro hanno circa 80 anni, mentre gli altri che figuravano negli Elenchi ma senza l’asterisco si possono considerare nel migliore dei casi appartenenti alla nobiltà degli Stati Preunitari italiani da cui provenivano. Lo stesso discorso va fatto anche per quelle poche Famiglie nobili che con i più svariati motivi (anche il solo disinteresse) non provvidero all’iscrizione negli Elenchi e meno ancora a chiedere un riconoscimento (che poi non era altro che un permesso d’uso di carattere nobiliare)[5].
Altra tematica da tenere presente è quella riferita alle leggi nobiliari emanate durante il Regno d’Italia, che a causa della sentenza della Corte Costituzionali n. 101 del 26 giugno 1967, depositata in cancelleria l’8 luglio 1967 sono dichiarate incostituzionali[6].
Ne deriva che persino le associazioni private che affermano di voler riconoscere nel privato la nobiltà delle famiglie dei loro associati, svolgono una attività completamente inutile e discutibile sotto l’aspetto di un riconoscimente nobiliare e i riconoscimenti effettuati servono più ad auto-incensamento reciproco che ad avvalorare legalmente (cosa giuridicamente impossibile) una condizione nobiliare. È ridicolo che il privato voglia sostituirsi allo Stato nell’attribuire uno status di privilegio riconosciuto dall’autorità, e voglio specificare che concordo in pieno con quanto il dott. Carlo Mistruzzi di Frisinga, che fu mio predecessore nella carica di Secretario General della Junta de Italia dell’Asociacion de Hidalgos a Fuero de España, scrive nel suo Trattato di diritto nobiliare italiano, v. III, alle pp. 459-462.
Data la complessità che richiedeva il riconoscimento dello Stato[7], tali associazioni prive di personalità giuridica, se applicano per l’ammissione l’Ordinamento Nobiliare proveniente dalle leggi dichiarate incostituzionali, ovviamente utilizzano leggi incostituzionali. Come pure incostituzionali sono le sentenze apparentemente di carattere nobiliare emesse da giudici della Repubblica Italiana che hanno dato valore alla nobiltà, dimenticando la disposizione XIV transitoria e finale della Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio 1948 e la Sentenza 101 dell’8 luglio 1967 della Corte Costituzionale.
Infine non dobbiamo dimenticare neppure che sempre le leggi nobiliari hanno seguito le leggi civili (contenute ed aggiornate nel Codice Civile), ma con il mutamento istituzionale e l’entrata in vigore della Costituzione le leggi nobiliari sono rimaste congelate al 31 dicembre 1947, mentre il Codice Civile si è aggiornato con la conseguenza che, se fosse applicabile l’ultimo ordinamento nobiliare in vigore sino al 31 dicembre 1947, non vi sarebbe certezza sul diritto successorio riferito ai titoli nobiliari, per l’entrata in vigore in primis il 18 dicembre 1970 della legge sul divorzio che disciplina i casi di scioglimento del matrimonio: infatti per le leggi nobiliari che non prevedevano il divorzio i figli nati da un secondo matrimonio (se non è avvenuta la morte del coniuge o il matrimonio non è stato dichiarato nullo) sarebbero adulterini, mentre per le leggi civili sono pienamente legittimi. Così pure creerebbe incertezza la successiva legge n° 151 del 19 maggio 1975 sulla riforma del diritto di famiglia, dove è ammesso il riconoscimento dei figli adulterini e degli uguali diritti e doveri per i figli legittimi e naturali e l’ammissibilità di una illimitata ricerca giudiziale della paternità naturale. E ancora susciterebbe confusione l’entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, che elimina dall’ordinamento le residue distinzioni tra figli legittimi e figli naturali, affermando il principio dell’unicità dello stato giuridico dei figli. Aggiungo inoltre che anche gli adottati hanno oggi diritto a un legame di parentela con la famiglia del genitore adottante (Corte Costituzionale, Sentenza 28 marzo 2022, n. 79) relativamente al giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 55 della legge 4 maggio 1983. E per finire va citata la prossima applicazione della parità di genere.
Questa è la realtà odierna della nobiltà nella Repubblica Italiana. Ma è anche diffusa l’errata convinzione che l’ammissione in un Ordine Cavalleresco nobiliare o nobilitante sia la giusta strada per ottenere il riconoscimento alla nobiltà o un titolo nobiliare italiano. Purtroppo però non è così per almeno 2 fattori. Il riconoscimento di una nobiltà italiana poteva avvenire solo con un decreto del Re o del Ministero (o poi del Presidente del Consiglio dei Ministri), in mancanza del quale non può esistere il riconoscimento della nobiltà del Regno d’Italia. Ad esempio il Sovrano Militare Ordine di San Giovanni detto di Malta effettua ancora oggi in determinate categorie chiamate nobiliari (onore e devozione e grazia e devozione) l’ammissione dietro presentazione di prove dette nobiliari. Sicuramente, se accettate, le prove presentate dimostrano una chiara nobiltà, che però non può essere scambiata e confusa con quella del Regno d’Italia, a causa della differenza delle prove necessarie all’ammissione nel SMOM, che dimostrano chiaramente che si tratta di una specifica nobiltà melitense e non italiana (anche se la Famiglia è italiana). Questo anche perché S.A.Em.ma il Sovrano Gran Maestro ha la piena autorità sull’Ordine, ma non certo sulle decisioni in tema nobiliare applicabili nel Regno d’Italia, e se mancasse la completezza delle prove, la sanatoria necessaria per affermare che si tratta di una nobiltà italiana, dovrebbe (cosa impossibile) essere emessa con Reali Lettere Patenti di Grazia di S.M. il Re d’Italia. Ovviamente il Gran Maestro Melitense ha la piena autorità di concedere tutte le sanatorie che ritiene utili al nuovo Cavaliere Melitense e sono valide.
Per quanto riguarda gli antichi Ordini Cavallereschi Dinastici Pre-unitari desidero sottolineare che ci troviamo difronte ad un ormai “privato” riconoscimento nobiliare valido solo all’interno della Casa Sovrana a cui si riferisce l’Ordine e al tempo stesso ad un privato riconoscimento nobiliare che non può avere effetti giuridici in ambito nobiliare, proprio per il mancato riconoscimento pubblico.
Concludo ricordando un’altra errata credenza: durante il Regno d’Italia la nobiltà godeva della pubblicità proprio con la pubblicazione dei nomi e cognomi delle Famiglie nobili negli Elenchi Ufficiali della nobiltà italiana, ma l’ultima pubblicazione risale al 1937 ovvero ben 85 anni fa. Da parte di un sempre maggiore numero di piccoli editori è valsa però l’idea commerciale di pubblicare repertori che chiamano nobiliari per il fatto che inseriscono unitamente a rappresentanti presi da antichi repertori nobiliari dello Stato anche Famiglie che vengono giudicate nobili per private elucubrazioni degli stessi editori. Analogamente questo avviene anche in altri settori merceologici, ad esempio i pittori hanno la possibilità di essere inseriti in appositi repertori, come pure i locali storici, gli alberghi di lusso etc. Ci tengo a ribadire l’inutilità di carattere scientifico di queste pubblicazioni prive delle fonti pubbliche da dove vengono desunti i dati (negli Elenchi i controlli erano rigorosi ed effettuati dagli Archivi di Stato e dagli Organi di Polizia), anche se generalmente sono pubblicazioni accattivanti che possono piacere per essere mostrate agli ospiti in casa e magari creare quell’alone di importanza che la Famiglia non sempre ha avuto nel passato. Tuttavia nella miriade di queste pubblicazioni devo segnalare una eccezione, ovvero lo storico Libro d’oro della nobiltà italiana, edito dalla Libro d’oro srl. (che raccoglie come soci i discendenti di Famiglie nobili riconosciute durante il Regno d’Italia), pubblicazione nata nel 1910 in epoca monarchica quando la nobiltà godeva del riconoscimento dello Stato, e che ha mantenuto praticamente gli stessi criteri editoriali del passato, senza mai dichiararsi una pubblicazione scientifica, ma un insieme di dati utili a fornire informazioni agli amici sulle nascite, matrimoni e morti, e che mantiene un rigoroso aggiornamento delle Famiglie contenute, introvabile altrove. Potrei fornire ancora tante altre dimostrazioni di cosa realmente sia la nobiltà in Italia, ma non voglio tediare il lettore che può completare l’argomento, se ne ha voglia, ascoltando le mie 2 conferenze sul tema tenute a Madrid al III Colloquio Internazionale sulla Nobiltà nel 2019 e al IV Colloquio Internazionale sulla Nobiltà nel 2022.
[1] Che recita: “I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome. l’Ordine mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge. La legge regola la soppressione della Consulta araldica”. Si fa presente che i predicati esistenti prima del 28 ottobre 1922 hanno carattere cognomina e non certamente nobiliare.
[2] La nobiltà poteva essere ostentata nella vita quotidiana solo se aveva il pubblico riconoscimento dello Stato.
[3] Fosse solo il diritto di avere apposto il titolo nobiliare sui documenti di stato civile.
[4] Fosse il solo nome e cognome iscritto nel libro della nobiltà pubblicato dallo Stato [nel 1921 venne approvato l’”Elenco ufficiale delle famiglie nobili e titolate del Regno d’Italia”, che riportava vicino al cognome un asterisco se la Famiglia aveva ottenuto il decreto reale o ministeriale di riconoscimento ed erano state inserite nel Libro d’oro della nobiltà italiana (oggi conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma). Con regio decreto n. 1990 del 7 settembre 1933 venne approvato un secondo “Elenco ufficiale della nobiltà italiana” con annesso un elenco dei predicati nobiliari e poi ancora con regio decreto n. 173 del 1º febbraio 1937 venne approvato il supplemento dell’Elenco ufficiale della nobiltà italiana relativo agli anni 1934-1936. Ricordo che gli iscritti negli Elenchi ufficiali nobiliari italiani: 1921-1933 e suppl. 1934-36, se entro tre anni non presentavano la documentazione per l’iscrizione nel Libro d’Oro della nobiltà italiana venivano cancellati dagli stessi; così nell’Elenco del 1933 sparirono molte famiglie non estinte elencate in quello pubblicato nel 1921.
[5] Come è oggi l’abbonamento alla radio-televisione, la licenza di caccia o di pesca, e via dicendo.
[6] Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara la illegittimità costituzionale del R.D. 11 dicembre 1887, n. 5138, del R D. 2 luglio 1896, n. 313, del R D. 5 luglio 1896, n. 314, del R D. L. 20 marzo 1924, n. 442 (convertito con legge 17 aprile 1925, n. 473), del R.D.L. 28 dicembre 1924, n. 2337 (convertito con legge 21 marzo 1926, n. 597), del R D. 16 agosto 1926, n. 1489, del R D. 21 gennaio 1929, n. 61 e del R.D. 7 giugno 1943, n. 651, nei limiti in cui ad essi si dà applicazione per l’aggiunta al nome di predicati di titoli nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell’entrata in vigore della Costituzione; nonché nei limiti in cui essi sottopongono il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall’ordinamento per il diritto al nome. Così deciso in Roma, nella sede sella Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1967.
[7] Ricordo che non bastava essere l’erede genealogico di un titolo nobiliare per ottenere una sicura successione al titolo, ma era necessaria l’elevata posizione sociale che non creasse disdoro alla nobiltà, ed una ineccepibile moralità, ragione per cui ci sono casi di mancata successione nobiliare nei titoli da parte di varie Famiglie.
Pier Felice degli Uberti, su: “I titoli nobiliari non sono riconosciuti (XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione): la loro residualità tutelabile dalla legge, e le sentenze a tema nobiliare della Repubblica Italiana” III Colloquio Internazionale sulla Nobiltà Madrid (2019).
Pier Felice degli Uberti, su: “L’impossibilità di riconoscere i titoli nobiliari nella Repubblica Italiana, e possibilità giuridiche di tutela per i discendenti della nobiltà italiana” IV Colloquio Internazionale sulla Nobiltà Madrid (2022)
Detto questo non posso che concordare con il mio anonimo diffamatore affermando che oggi nella Repubblica Italiana io non sono nobile, come del resto non lo sono tutti quelli che hanno avuto un riconoscimento nobiliare durante il Regno d’Italia, ma sono nati dopo il 1° gennaio 1948, e quelli che erano negli Elenchi senza aver richiesto il dovuto riconoscimento della nobiltà, e pure quei discendenti di nobili appartenenti ad ordinamenti nobiliari Pre-unitari.
Oggi la nobiltà in Italia può essere chiamata in forza giustamente e correttamente solo all’interno di quei privati e rigorosi Circoli esclusivi nei quali, trattandosi in fondo della propria casa privata, ha un senso che venga usato quell’obsoleto identificativo nobiliare che può piacere; oppure all’interno di Ordini Cavallereschi dove ancora si mantiene la tradizione della nobiltà. Ma fuori di questi casi l’uso di un titolo nobiliare, se si ha meno di 80 anni, dimostra piuttosto una certa insicurezza di chi non si sente abbastanza realizzato nell’attuale società.
Come si può ben vedere da quanto esposto, e che ripeto da anni, la conoscenza dell’ANONIMO sulla nobiltà in Italia è limitata, abbeverandosi a fonti obsolete riferite ad altri tempi, dando prova di una formazione priva di scientificità. Se studierà di più, capirà meglio questa tematica per cui sembra avere interesse.